Tridacne
Gennaio 25, 2019Cianobatteri: Causa e Rimedi
Novembre 11, 2019Dinoflagellati:Causa e Rimedi
Oggi parliamo di un altro simpatico ospite degli acquari, i dinoflagellati. Senza entrare nel merito della complicata tassonomia di questi organismi, limitandoci a quanto di interesse puramente acquariologico, cominciamo col dire che le specie più frequentemente riscontrate hanno esigenze e abitudini alimentari diverse. In generale, i dinoflagellati sono autotrofi o eterotrofi, o entrambe le cose. La possibilità di utilizzare strategie alimentari diverse, unita alla capacità di resistere in forma cistica quando sembrano debellati, li rendono molto vicini all'immortalità agli occhi dell'acquariofilo, tanto che rappresentano una delle prime cause di riallestimento anche per acquariofili esperti. A rendere le cose difficili c'è il fatto che in rete si trovano esperienze molto diverse riguardo i metodi efficaci per combatterli. Molto spesso, ciò che sembra funzionare in un acquario non funziona in un altro. E in effetti è così, ed è chiaro se consideriamo quanto detto prima. I dinoflagellati (ai quali appartengono anche le nostre beneamate zooxantelle) sono organismi fotosintetitici, pertanto soffrono notevolmente la mancanza di luce, ma la tecnica del buio non può essere protratta oltre tre giorni in un acquario popolato da SPS. Inoltre, essi si comportano da eterotrofi, addirittura da predatori: riescono infatti a catturare il particolato disciolto nella colonna d'acqua e se ne cibano. Sono state ipotizzate forme di commensalismo o altri tipi di mutualismo per spiegare la contemporanea presenza di cianobatteri e dinoflagellati. Di certo possiamo dire che, come per i cianobatteri, anche per i dinoflagellati dobbiamo attentamente interrogarci su quali condizioni abbiamo inavvertitamente posto in essere per sbilanciare l’equilibrio in acquario a favore di questi indesiderati ospiti. Come per i cianobatteri, ricordiamoci che gli organismi più semplici traggono vantaggio dalle situazioni estreme, quelle che fanno deragliare il sistema acquario verso parametri non ottimali, sia ai limiti inferiori di un dato range di valori, che ai limiti superiori. E’ questo il motivo per il quale ci troviamo frastornati di fronte alla possibilità di subire una infestazione di dino o di ciano in condizioni oligotrofiche. Ci chiediamo come mai, avendo l’inorganico a zero, l’acquario sia completamente ricoperto da questa peste. Ma la chiave sta tutta nel concetto espresso prima: quando un corallo smette di crescere per eccesso o difetto di una determinata sostanza, ecco che gli organismi in competizione prendono il sopravvento. I prodotti commerciali (dinoxal, Dino X e altri) non sembrano efficaci su tutte le specie di dinoflagellati, pertanto sarebbe opportuno indentificarli tramite microscopio ottico prima di utilizzare strumenti invasivi quali medicinali commerciali. Ricordiamo che un utilizzo protratto di medicinali, soprattutto se associato a variazioni del fotoperiodo, può debilitare i coralli a tal punto da renderli meno resilienti fino a alla morte, pertanto i migliori esempi di successi riscontrabili su questo argomento utilizzano una terapia combinata, cioé atta a utilizzare numerose strategie allo scopo di attaccare il nemico da più parti, in modo da garantirsi maggiori chance. Proviamo a vedere come: 1) test ICP. Verificate in particolare se c'è un eccesso di metalli pesanti in vasca, potrebbe derivare dagli oligoelementi aggiunti al balling, oppure ad un sale troppo carico, oppure all'osmosi di scarsa qualità. Identificare la causa è il primo punto per recuperare la situazione. Altro punto da verificare sono i nutrienti: in particolare, porre attenzione a due situazioni, ovvero nutrienti a zero o rapporto redfield sballato. Rimedi: uso di Triton detox, Metasorb, Cuprisorb in caso di metalli pesanti, più rimozione della causa degli stessi. In caso di nutrienti sballati: tecnoica della "vasca sporca", ovvero nutrire la vasca in modo bilanciato (mai fosfati a zero e sempre azoto lievemente preponderante, con rapporto redfield da 16 fino a 40-50). Dosare fitoplancton, possibilmente ceppi diversi, dosare copepodi (alcuni si cibano di dinoflagellati), utilizzare un filtro ad alghe.
2) buio per tre giorni. Non risolve, ma i dinoflagellati sicuramente non vi ringrazieranno. Successivamente, procedere con fotoperiodo ridotto (4 ore di luci blu, poi 6 ore di cui 4 di luce blu), aumentando nuovamente l'illuminazione aggiungendo mezz'ora al giorno. Attenzione al balling, diminuiranno i consumi e rischiate di trovarvi il KH a 10.
3) aspirare, sifonare usando un filtro a calza. Meglio ancora: investite in un sistema di flitro a rotolo, riuscirete a eliminare tutto il pool di dinoflagellati flottanti nella colonna d'acqua.
4) non effettuate cambi d'acqua, gli oligoelementi, specie i metalli pesanti, sono amici dei dinoflagellati.
5) aumentate il pH, ad esempio filtrando l'aria in arrivo allo schiumatoio con calce sodata (ATI carboEX o qualunque prodotto similare, oppure cercate le taniche nei negozi che vendono ai diving o prodotti per anestesia, tanto il prodotto è sempre quello). Il pH aumenta per effetto dell'adsorbimento della CO2, alcuni dinoflagellati non riescono ad estrarre il carbonio efficientemente dai carbonati, altri usano indifferentemente CO2 o carbonati, dipende dalla vostra fortuna.
5) aumentate la biodiversità. Fate tutto ciò che serve a far proliferare i copepodi, mettete in vasca un Kg di roccia viva fresca, riducete l'operatività dello schiumatoio. Una vasca "sterile" è il paradiso dei dinoflagellati.
6) ozono e UV hanno dimostrato efficacia. Ricordate che l'ozono va usato sempre con un misuratore di ORP per evitare di fare danni all'acquario e intossicare le persone.
7) usare H2O2. Idem come sopra, può aiutare, attenzione ai dosaggi e attenzione ai gamberi, molto sensibili al perossido.
8) usare carbone attivo. Le tossine prodotte dai dinoflagellati irritano gli SPS e li costringono a ritrarre i polipi.
Articolo Redatto da: Marco Mura
Articolo Redatto da: Marco Mura