RICCARDO MOTTA
Dov'è finito Riccardo?”. “E dove vuoi che sia? Al piano di sotto, a vedere i pesciolini”. Scene di ordinaria amministra
zione in casa Motta: il papà che rientra e chiede del figlio, la mamma che allarga le braccia. Riccardo non c'è, è “a vedere i pesciolini” dal vicino appassionato di acquari.
Siamo a Verona, nei lontani anni Settanta. Mezzo secolo dopo eccolo qua, Riccardo Motta, titolare di una farmacia nonché felice possessore della “vasca del mese” di luglio.
“Ebbene sì, devo la mia passione per gli acquari a quel vicino di casa che già allora, quando il marino era roba per pochi eletti, aveva una grande passione per i pesci tropicali e mi contagiò”, mi dice Riccardo mostrandomi il frutto di quell'antico contagio, ovvero il suo vascone da un metro e sessanta pieno zeppo di coralli.
Scommetto che, pur di non vederti sparire ogni giorno al piano di sotto, papà e mamma ti comprarono un acquario.
“A dire la verità me lo regalò proprio lui, il vicino. Io l'avrei voluto marino, proprio come il suo, ma mi disse: ‘Calma ragazzo, devi prima fare esperienza con il dolce’. Così mi portai a casa la mia prima vaschetta, di circa ottanta litri, in cui allevai gli immancabili guppy e più avanti i ciclidi. Mi servì a farmi le ossa. Però dopo un po’ non resistetti al fascino del marino, e a quindici anni, con i miei risparmi e la benedizione di mamma, professoressa di scienze, comprai il primo acquario d’acqua salata”.
Cosa allevavi?
“Un solo pesce: uno Pterois volitans nutrito a suon di gamberetti, che nel giro di un paio d’anni divenne troppo grande e dovetti dar via”.
Come proseguì la tua avventura di acquariofilo?
“Dopo la laurea in farmacia andai a vivere da solo, poi mi sposai, ma in casa mia l’acquario non mancò mai. Per un po’ però tornai all’acquario di acqua dolce, il marino era davvero troppo impegnativo. Mi dissi: “Ma sì, dopo tutto mi posso accontentare”. Ma era una pia illusione, il richiamo del reef era troppo forte. Così nel 2018 ho allestito la vasca attuale: misura 160 per 55 per 60, capienza circa 500 litri, gestione berlinese con una spolverata di sabbia”.
La prima cosa che salta all’occhio è il tipo di lampade: vedo che monti Easyled, come mai? Sono ottime ma forse non all’altezza di una vasca così impegnativa.
“Uso cinque barre Easyled per un motivo di spazio: l’acquario è chiuso, incassato in parete, e nonostante abbia modificato il coperchio per assicurare lo scambio di ossigeno, Hydra o Radion semplicemente non ci stavano”.
Dimmi un po’ della tecnica, la tua sump sembra una centrale nucleare…
“L’acqua passa prima per un prefiltro, poi in ordine troviamo uno skimmer Ultrareef Akula 180, un reattore di calcio sempre Ultrareef, e un vano con tre pompe: una porta l’acqua a una lampada UV e al refrigeratore, la seconda al refugium che ha all’interno sabbia e caulerpa. In un altro scomparto c’e la terza pompa, più grande, che è la risalita. In un vano separato ci sono poi il quadro di controllo e otto dosometriche, con altrettanti contenitori, che mi servono al reintegro di vari elementi. Infine non manca un gruppo UPS per affrontare eventuali blackout”.
Veniamo alla popolazione.
“Ho un mix di lps e sps, allevo un po’ di tutto. La parte del leone la fanno le montipore di varie specie, poi ho stilopore, seriatopore e una pocillopora che si è riprodotta e ha seminato “figli” ovunque. Quanto ai pesci ne ho in tutto una decina, tra cui flavescens, hepatus, dejardinii, due ocellaris, alcuni synchiropus marmoratus con una coppia che amoreggia tutte le sere”.
Come alimenti il sistema?
“Ai pesci do i classici pellet e ogni tanto insalata per gli acanturidi. Per i coralli utilizzo phito e zooplancton della Seachem, e talvolta, quando li trovo, anche zoo e photo vivi. Sto molto attento all’alimentazione per prevenire le malattie, dopotutto…sono un farmacista!”.